PREMESSA: Qualche giorno fa sono andata a vedere il nuovo
musical prodotto dalla Compagnia della Rancia, "Cats". Serata piacevole e
bravi sia gli attori sia l'orchestra, che ha fatto rivivere le
meravigliose musiche di Andrew Lloyd Webber. Di fianco la mia recensione in versione short, a seguire la versione long.
Clicca sull'immagine per leggere la Versione short
Versione long
Brescia,
martedì 20 ottobre 2009, ore 21.10. L’orchestra esegue le prime note di
“Cats”. Dal buio della sala del Teatro PalaBrescia spuntano due grandi
occhi gialli. Poi altri due e altri due ancora fino a invadere la scena:
sono i gatti Jellicle che si stanno impossessando del palco per dare
inizio alla loro festa.
Lo show allestito dalla
Compagnia della Rancia è qualcosa di sorprendente che incanta e fa
sorridere i numerosi spettatori presenti in sala. Le diverse scene che
costituiscono l’opera si susseguono con una semplicità e una naturalezza
tali da minimizzare l’esilità della storia; sono come dei quadri
sapientemente dipinti dal regista, Saverio Marconi, per fare di ogni
“gatto” il protagonista.
Il “Cats” italiano è molto
distante dall’originale. E questo lo si capisce fin dall’inizio, fin dai
primi passi di danza che, in realtà, poco hanno in comune con questa
disciplina. Pirouettes e jeté lasciano il posto a movenze dal carattere
più astratto, quasi circense. Basti pensare alla scena del magico Mister
Mistofeles (Mister Mistoffolees, nella versione originale) o a quella
dei due ladruncoli Mangojerry e Zampalesta (Mungojerrie e Rumpleteazer)
che, in questa versione, si servono di un elemento scenografico, una
ruota gigante, per raccontare le loro prodezze.
Tra i
due allestimenti è però possibile riscontrare elementi comuni. Il timbro
vocale dei “gatti italiani”, infatti, ricorda molto quello dei loro
“predecessori londinesi”. E tra le voci, inconfondibile e degna di lode è
quella di Giulia Ottonello che ha dato al personaggio di Grisabella
(Grizabella) un’energia e una passione incredibili da non far
rimpiangere Elaine Paige. Soltanto alcuni momenti corali in cui le
parole risultavano di una non immediata comprensione (soprattutto negli
acuti), non hanno permesso alla performance dei ventidue attori di
raggiungere l’eccellenza interpretativa.
Le
coreografie acrobatiche e gli effetti luce ben curati sono, in generale,
perfettamente armonizzati con la musica e ne esaltano la sua bellezza. I
sedici orchestrali, nascosti agli occhi del pubblico, non intaccano il
fascino della partitura composta da Webber nel 1981 ma anzi, per più di
due ore, fanno vivere agli spettatori la magia di Broadway.
I
salti acrobatici, le arrampicate sui pezzi di scenografia e le
ricorrenti irruzioni dei “gatti” in platea entusiasmano il pubblico e
strappano concitati applausi.
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